IL MIO LUNGO PERIODO DI LOCKDOWN CON LA VOCE DI MATTEO CACCIA DI RADIO 24 – LINEE D’OMBRA.

QUI C’E’ l’audio con la voce di Matteo Caccia di Radio 24 – Linee d’ombra:

 

QUI C’E’ la traccia per chi vuole leggermi: 

 

Mi trovavo in un viaggio che non era proprio desiderato, volevo andare in Botswana, ma per una serie di maledizioni, mi sono rediretta nel Kruger, in Sud Africa, in una full-immersion di safari, di cui quattro a cavallo.
Non sono amante dell’equitazione, ne sono veramente appassionata e stavo studiando da due anni, dressage inglese e salto. Avevo paura di cadere ma mi era già capitato tre volte, in diverse modalità e circostanze.
Quel pomeriggio del 6 Gennaio, mi trovavo, senza sella, in groppa a Twin, un esemplare mastodontico e altrettanto codardo: lo avevo avvertito sin dall’inizio ma avevo capito di rimanere calma su di lui, volevo finire il mio percorso.
Dopo un bagno dove ero già caduta in acqua, ero risalita su Twin pronta per tornare al maneggio, ma lì qualcosa ha turbato i cavalli e Twin, il più nevrotico dei quattro, si è imbizzarito e io non sono riuscita a tenermi su di lui.
Colpo secco alla D12 e uno al dito medio della mano sinistra.
Inizia la mia vita da paziente.
Corsa al maneggio per chiamare la guardia medica e corsa alla clinica privata di Tzaneen, a 100 km di distanza, per capire i dettagli della mia caduta. Confermano la rottura della D12 e il distaccamento di una spicola ossea del dito medio della mano sinistra.
Mi rimandano a Milano in un bellissimo letto orizzontale per essere vista da un ortopedico in primis, e poi da vari neurochirurghi.
Era necessario un’operazione di stabilizzazione alla colonna vertebrale, l’intervento è chiamato artrodesi percutanea e consiste nell’inserimento di 4 chiodi per sostenere la D12 con le vertebre vicine ad essa.
Il 13 Febbraio mi operano in una nota clinica pubblica di Milano, e nel mentre la notizia del nuovo corona virus si stava diffondendo anche in Italia.
Mi sono resa conto da subito che qualcosa era andato storto, a destra sentivo che tutto era a posto, a sinistra, 3 chiodi mi premevano sui nervi.
Avevo 6 chiodi in totale, 3 messi bene e 3 no.
Era necessaria un’altra operazione, ma preventivamente uno dei due neurochirurghi ha voluto tentare una cura cortisonica di dieci giorni che non ha fatto altro che allungare i tempi.
Stavo malissimo e sapevo che non potevo passare uno o due anni in quel modo.
La cura cortisonica termina prima del dovuto perché non efficace e un Martedì, il 3 Marzo, mi viene proposto di operarmi, o due giorni dopo, Giovedì 5 Marzo o il 10 Marzo.
Su consiglio del neurochirurgo ma senza dubbio con la mia perplessità, si opta, quel giorno, per il 10 di Marzo.
Sappiamo bene del decreto del 9 Marzo ad oggi, ma quello stesso giorno io mi trovavo a sentirmi distrutta, non sapevo più quando mi avrebbero operata e non mi davano alcuna assistenza per trovare un’alternativa. Non volevo rimanere in quel modo, non era giusto, stavolta non era stato per un mio errore trovarmi così mal messa, non sapevo come alleviare le mie pene, l’unica cosa che potevo fare era provare a spiegarmi bene con tutti i medici che avevo intorno in quel momento.
Non avevo sentito una sola opinione e per questo motivo, avevo la sensazione di essermi messa in un bel caso da risolvere, se non anche urgente.
Una neurologa di Ascoli Piceno, anche mia cara amica, mi trova una possibilità.
Il neurochirurgo, dell’ospedale Torrette di Ancona, era disposto ad operarmi, dovevo solamente raggiungere Ancona in pieno e serrato lockdown. Quel giorno era il 16 di Marzo.
Ora avevo una soluzione e volevo andare, o meglio ero in urgenza, ma nessuno poteva accompagnarmi e nessuno sarebbe venuto ad Ancona da me.
Il 19 Marzo inizia il mio viaggio solitario in treno, con documenti e pochissimi effetti personali, non potevo portare pesi con me e non sapevo se sarei mai arrivata ad un orario decente: pochissimi treni e quasi nessuno in giro.
Arrivo al reparto di ortopedia, il reparto di neurochirurgia era stato messo nello stesso piano, mentre nei due piani sopra e poi, anche quello sotto, era occupato dalla terapia intensiva per i malati di corona virus.
Sentivo di 150 intubati.
Sono rimasta in quell’ospedale per unici lunghi giorni perché si faceva tutto con la dovuta attenzione e cautela.
Mi ricordo la mia vista di ogni giorno, dal mio letto vedevo la camera ardente, le tende d’ingresso del pronto soccorso dei sospetti covid, l’elicottero e diverse ambulanze che non smettevano mai di andare avanti e indietro, per lo meno per la prima settimana.
Mi sentivo in una trincea confinata, ero lì senza poter fare nulla per la vita altrui ma vedevo di lavorare al meglio alla mia, occupandomi di me stessa e di ciò che viveva attorno a me.
Si stava a distanza ma le camere erano piene, alle 4 di ogni notte succedeva sempre qualcosa, arrivava un nuovo paziente in camera o c’era qualcuno che aveva bisogno di cure.
Si sperava non arrivasse il virus, ovviamente.
Non l’ho mai contratto fino ad ora.
Il 26 Marzo mi operano per la seconda volta, mi libero da un chiodo inutile e me ne sistemano due. Il risultato lo sento da subito, non ho dolori da urla e nessuna nevrosi.
Ritorno a Milano con una vita nuova ma sempre da rottamare.
La vertebra sta guarendo, il dito medio è sempre pronto all’inverosimile, io mi preparo a lavorare con il nuovo momento storico.

Anzi sono già all’opera, a tutta volontà.

 

 

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